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Giosuè accarezza una pietra e la espone ai raggi del sole, alla ricerca della giusta luminosità. Poi la passa nelle mie mani: dentro una frattura della pietra ha fuso una goccia d'oro. In quel momento mi guarda e mi dice con un sorriso: "Troppo preziose le ferite".
Già da quel primo incontro mi innamorai della sua "follia" e del suo modo di guardare la vita. Cominciai così a incontrarlo sempre più spesso. Non vedevo l'ora di andare a trovarlo, parlarci, osservare come, nel laboratorio dove realizzava le icone, metteva tutto in armonia: era meraviglioso vedere come sapeva abbracciare i materiali poveri (ottone e rame) con i metalli preziosi (oro e argento), come dava valore alle fessure e alle crepe di legni e pietre. Per me era una continua sorgente di ispirazione.